“Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io fossimo presi per incantamento”, scriveva un giovane Dante Alighieri, prefigurando il primo dream team della storia. È a questo sonetto che ho pensato stamattina, vedendo l’annuncio pubblicitario a favore della città di Boston, co-firmato da New Balance, Nike, Puma e Adidas: vorrei che fosse vero.
Io, personalmente, ho sperato che fosse vero per un motivo molto semplice (oltre che per Boston): mi affascinava l’idea che quattro aziende enormi, in diretta concorrenza fra loro, con brand e politiche di marketing che immagino gestiti con attenzione maniacale a ogni dettaglio da reparti comunicazione ampi e strutturati, fossero riusciti a mettersi d’accordo rapidamente su un’iniziativa collaborativa che avrebbe avuto le sue innegabili complessità, a partire dall’ordine in cui compaiono i marchi (e a insospettirmi è stato proprio quello: perché non in ordine alfabetico?).
Sarebbe stato davvero bello, cari Guido e Lapo, che quattro colossi dai fatturati miliardari si scambiassero due telefonate e si dicessero “Ok, guys, facciamolo: per noi non c’è problema”. Già me li vedevo, questi illuminati in jeans, camicia a quadri e sneakers, con la barba sapientemente incolta e una luce intelligente e ironica negli occhi. Che lezione, per le burocrazie interne delle aziende con cui parliamo ogni giorno, per le micro-rivalità fra reparti capaci di bloccare persino un leaflet, per i “guru” che ti fanno cambiare l’unica frase che dava senso all’annuncio, che ti fanno eliminare il fondino o scrivere anche nello spazio lasciato bianco per rispettare gli equilibri grafici. Sarebbe stato bello, ma non è stato. Sarà per la prossima volta.
Dal blog di Luca Villani: www.iloveeverything.it